“Come un respiro interrotto”

Ci sono periodi della vita in cui un buon  libro ha il potere di staccarti da un corpo sofferente e di farti vivere momenti di benessere. E di questo sei grata a chi l’ha scritto!

“Come un respiro interrotto” è uno di questi libri, che mi ha colpito immediatamente non solo per il titolo poetico, ma anche perché non è il primo romanzo che leggo di Fabio Stassi, un autore che mi ha catturato con la qualità della sua scrittura, con lo stile delle parole e delle metafore mai banali, con  il suo modo di di scolpire i personaggi e di raccontare la vita, la gioia e il dolore, la solitudine e l’amicizia, il passato e il presente che si mescolano continuamente.

 

Raccontare la trama non aiuta a cogliere il valore di questo libro incantevole; a me poi è bastato iniziare a leggere l’incipit, come mi è già successo con un altro romanzo dello stesso autore, per essere immediatamente presa:
“Chi ti aveva sentita cantare diceva che davi a tutti la stessa sensazione: di mettere un piede nel vuoto. Una nota eri terra, e quella dopo spaesamento”.
Si parla di Sole, Soledad, un’artista, una bambina silenziosa, una ragazza che fa emozionare ed innamorare chiunque la incontri, una donna che ha molto vissuto e agli occhi del mondo una cantante, dalla voce magnifica.

La storia inizia negli anni Settanta e procede nel tempo attraverso i decenni, in un percorso che dura una vita e ruota intorno a lei e alla sua famiglia di migranti, tre nonni, due zii, un fratello e i genitori, ognuno con origini diverse, che si ritrovano casualmente prima a Palermo e poi tutti insieme in un quartiere di Roma, in una casa simile a “un alveare pieno di lingue”, “…un sanguemisto di parole che venivano da luoghi immaginari, Montevideo, Cartagine, l’Albania, si mischiava all’inglese storpio degli emigranti, allo spagnolo dei tanghi di Carlos Gardel, alla melodiosa inflessione portoghese. Un’Amazzonia misteriosa di suoni e nomi”.

Con lei viviamo la storia di Matteo, un ragazzo di grande talento musicale, il contrabbassista e l’amico più caro di Sole, dotato del dono raro di possedere l’orecchio assoluto. Il romanzo si apre con la sua immagine, quella di un ragazzo che insoddisfatto, stanco e deluso dal mondo che “ha troppe stonature” sta meditando il suicidio, dopo aver suonato un ultimo pezzo con suo fratello; ma sarà proprio mentre suona con il suo contrabbasso “la rivolta dei suoi vent’anni” che Sole inizia a cantare e con la sua voce unica e incredibile gli salva la vita.

La storia attraversa gli anni della lotta politica, quella di un movimento che ha infiammato e travolto un’intera generazione, i compagni e gli amici coetanei di Sole, dal periodo degli attacchi terroristici seguiti dagli anni delle comunità, quelle in cui è bandita ogni droga, anche leggera, dove Sole va a cantare accompagnata sempre da Matteo e dal suo inseparabile contrabbasso.
Ma anche questa esperienza s’interrompe, quando Sole deve occuparsi dei suoi genitori gravemente ammalati e Matteo è ormai lontano, anche se la passione per la musica li unisce al di là dello spazio e del tempo che passa.
Sono pagine tenere e poetiche, piene di amore.

Il romanzo narra quasi come un diario la storia semplice di due ragazzi, ma anche quella di un’intera generazione che per un momento ha la convinzione di poter fare qualsiasi cosa, anche quella di riuscire a cambiare il mondo con il proprio talento, la rabbia e la passione: Sole ormai donna canta anno dopo anno, accompagna e interpreta i cambiamenti sociali, quella della sua vita e quella dei tanti che ormai hanno smesso da tempo di far sentire la propria voce.

Mi sono letteralmente innamorata della prosa e del linguaggio di questo scrittore di origini arbëreshë della Sicilia, che vive a Viterbo e lavora a Roma e scrive le sue opere viaggiando in treno fra Viterbo, Orte e Roma. Mi piace il suo modo di farti entrare nelle storie che racconta, di come riesce a farti amare e sentire veri, vivi e vicini i suoi personaggi, che vorresti continuare a seguire anche quando sei purtroppo arrivata all’ultima pagina e trattieni il libro tra le mani perché non vorresti lasciarlo. Infatti ripercorro le pagine, dall’ultima alla prima, rileggendo qui e là, dove ho sottolineato o evidenziato i frammenti che mi hanno colpito, soprattutto per la cura e l’uso sapiente delle parole.

Le parole che secondo Fabio Stassi “sono la cosa più importante che abbiamo. Le parole ci salvano, come sostiene Eugenio Borgna che ha dedicato a questo tema dei libri molto belli. Ma le parole si ammalano anche: prendercene cura è il nostro compito.
(Esse) … vanno alla ricerca di un senso, di coincidenze.
Sono come le farfalle, con il loro impasto di fragilità, bellezza e solitudine. Se al linguaggio togliamo questa tensione verso il significato, consacrati alla divinità della comunicazione, come siamo, ho paura che finiremo per perdere quello che mi piace chiamare lo sguardo simbolico. Se si perde questo sguardo, cioè lo sguardo dei poeti, non sapremo più leggere il mondo e di conseguenza tutto quello che ci capita. E questo è pericoloso, perché così si lascia ad altri l’opportunità di attribuire i significati dei segni e di semplificare”.

13 risposte a ““Come un respiro interrotto”

  1. Copertina e titolo fantastici… parole meravigliose, ed io adoro le metafore! Credo proprio che lo leggerò 😀

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  2. Lo cerco! Bellissima recensione, è concordo su tutto quello che dice delle parole.

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  3. L’ ho acquistato anch’io. Spero che sia un bel libro come appare dalla tua ottima recensione.

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  4. Sono forse quelle di un poeta ? 🙂

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